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Per chi non ne ha mai abbastanza di Pavia

Interviste

Pavesi Illustri: Francesco Perri

Pavia si ama e si ama ancora.
Tra i cittadini illustri che hanno amato la città di Pavia, tanto da tornarci dopo quasi quarant’anni dalla prima esperienza di vita nella nostra splendida città, vi era anche lo scrittore e giornalista Francesco Perri. Mio nonno.

La Grande Guerra

Francesco Perri è stato dipendente delle Regie Poste, dopo avere vinto un concorso nel 1908 che gli aveva consentito di “venire al Nord” dalla Calabria. La prima destinazione fu Fossano, in provincia di Cuneo, e poi – non si sa se per caso o per precisa scelta – nel 1915, durante la Grande Guerra, fu trasferito alle Poste di Pavia.
Francesco Perri allo scoppio della guerra era stato tra quelli che potevano non partire, in quanto figlio primogenito di madre vedova; inoltre, aveva già più di 30 anni, che all’epoca era un’età considerata matura e al fronte servivano forze fresche.
Era molto addolorato per lo scoppio della guerra e meditava il da farsi, lui persona mite e di indole dolce, tentennava: partire volontario o no? Mentre rifletteva si sistemò a Pavia e se ne innamorò: delle sue belle strade antiche, dei palazzi, delle chiese, delle Università di prestigio. Di queste ultime Francesco Perri volle approfittare, era sempre stato amante degli studi, e si iscrisse a uno degli Atenei per conseguire la seconda laurea, dopo quella in Giurisprudenza, in Lettere e Filologia classica, come allora si chiamava.

Seguendo le sorti della guerra, si appassionò al dibattito tra interventisti e pacifisti, perfino all’interno del suo partito (Perri era un fervente repubblicano) vi sono state spaccature e idee contrapposte.

Si sarebbe trattato di combattere per il re, nel Regio Esercito, rifletteva. Non poteva, però, sottrarsi al richiamo della patria e, dopo avere partecipato attivamente all’intenso movimento interventista che faceva sentire le proprie ragioni a Pavia con manifestazioni e cortei, convinto che dal conflitto il mondo sarebbe completamente cambiato e non prendervi parte volesse dire rimanere indietro, essere fuori dalla realtà, decise di partire volontario per il fronte, lasciando la moglie e il figlio Giulio, che intanto era nato ed era poco più di un infante, qui a Pavia.

A proposito di amore per Pavia, anche il figlio Giulio, che a Pavia avrebbe frequentato la facoltà di Medicina, laureandosi nel 1941, privilegiato allievo del prestigioso Collegio Ghislieri, avrebbe mantenuto sempre Pavia nel cuore, tanto da farsi prendere in giro in famiglia per la sua abitudine di farsi tagliare i capelli solo dal barbiere di Pavia, dovunque abitasse. Da Napoli, da Roma, dalla più vicina Milano, prendeva l’automobile e andava a tagliarsi la chioma solo a Pavia. Di ritorno, d’obbligo la Torta Paradiso della pasticceria Vigoni attesa come un evento da tutta la famiglia.

francesco perri pavia

Direttore delle Poste della Repubblica

Torniamo a Francesco Perri. La vita lo portò in giro per l’Italia: Milano, Genova, Roma, ma qualcosa lo richiamava inesorabilmente verso Pavia, tanto da chiedere, alle soglie del pensionamento, di essere trasferito di nuovo nella città dove aveva lasciato un pezzo di cuore.
Nel 1951, anno più o anno meno, tornò in città come Direttore delle Poste della Repubblica, questa volta, andando ad abitare nel bellissimo appartamento all’ultimo piano del palazzo delle Poste, riservato al Direttore.
Il Palazzo delle Poste, come i pavesi sanno, è stato realizzato al di sopra della chiesa longobarda, ormai sconsacrata, di Sant’Eusebio, che fu demolita, risparmiandone solo la cripta.
Nel 1953 lasciò con la famiglia l’appartamento per trasferirsi in uno dei primi stabili realizzati in Viale della Libertà, ampia arteria stradale, con un viale centrale e due sedi stradali laterali, caratterizzata dagli alberi bellissimi che oggi possiamo ammirare, che allora erano bassi, oserei dire striminziti a vederli così isolati l’uno dall’altro.

Frammenti di Pavia e di vita personale

Francesco Perri, che aveva sempre amato molto camminare per la città in lungo e in largo, nel 1915 si recava verso il Ticino; per attraversarlo e andare in Borgo poteva solo utilizzare il bellissimo ponte coperto. In corrispondenza del Ponte dell’Impero allora c’era un servizio di traghettamento con barche e il futuro Viale era un susseguirsi di terrapieni, acquitrini, la Minerva non c’era ancora.

Perri, antifascista convintissimo che pagò la sua opposizione al regime tramite scritti e articoli sulla Voce Repubblicana con il licenziamento dalle Poste nel 1927, tornato a Pavia, dovette convenire, ma solo fra sé e sé, che quella statua era magnifica e che la sistemazione urbanistica del nuovo Viale era razionale e bella.

In realtà, essendo Francesco Perri persona che aveva un forte senso della giustizia, anche durante gli anni del Ventennio, si era schierato a difesa di avversari politici quando pensava fossero vittime di ingiustizie: protestò quando Cesare Forni, il ras della Lomellina, che certo non si era sottratto nel commettere violenze e soprusi, fu picchiato sulle scale della Stazione Centrale di Milano, una volta allontanatosi dalla linea ufficiale del partito fascista.

Ma, riappacificati gli animi, Francesco Perri fu ben lieto di vivere gli ultimi venti anni della sua esistenza a Pavia, andando a passeggiare tutti i giorni, elegantissimo, dal Viale al Castello, Strada Nuova, Corso Garibaldi e di nuovo a casa. E a Pavia ha scritto il suo ultimo romanzo Storia del Lupo Kola, ambientato in Aspromonte.

A Pavia, le nipoti hanno voluto fosse la sede del Centro Studi Francesco Perri, proprio nella casa da lui tanto amata.

 

Autrice: Giulia Perri

 

 

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